E se il Salone non dovesse bastare? C’è il Fuorisalone: il Brera Design Distrct

E se il Salone non dovesse bastare? C’è il FuoriSalone: il Brera Design Distrct

 

Mentre Foscarini mette in scena la lampadina a incandescenza con James e Susan Wines, Vitra s’interroga sulla funzione dei mobili nella società con Robert Sadler e Rachel Hayes stupisce per Missoni

 

MILANO. Se il Salone del Mobile non dovesse bastare, c’è sempre il Fuorisalone, ovvero circa 1.400 eventi organizzati da aziende del settore e non. Showroom, ma soprattutto spazi inediti come corti, giardini ed ex spazi industriali cambiano veste durante la settimana della Design Week per sorprenderci con coinvolgenti allestimenti come nel Brera Design District che anche quest’anno è tra i quartieri del design (che peraltro aumentano ogni anno) più animati e affollati.

 

Foscarini con James e Susan Wines

Da Foscarini va in scena la lampadina ad incandescenza raccontata da James Wines con la figlia Susan. Forse poco conosciuto in Italia, è il fondatore di SITE, dissacrante gruppo di architettura, arte ambientale e design nato nel 1970, i cui interdisciplinari progetti hanno influenzato il modo di vedere di generazioni di architetti e non solo.

Wines nello spazio dello showroom progetta “Reverse Room” una speciale installazione in cui inganna il visitare giocando con le classiche lampadine a bulbo, utilizzate in modo non convenzionale. Realizza una stanza al contrario proponendo una riflessione critica sulle forme, per nulla iconiche, delle moderne lampade a LED. Surreale, illusoria, spiazzante come molti altri lavori di Wines è una stanza scura con pareti inclinate, dove tavoli e sedie, anch’esse scuri, sono incollati al soffitto mentre, come per magia, le lampade a sospensione sbucano dal pavimento, sfidando la forza di gravità. Interessante anche il lavoro fatto da Wines partendo dall’oggetto lampadina (rielaborazione di un precedente studio di Wines per Foscarini del 1991) che rilegge in cinque modi diversi un oggetto destinato tra poco a scomparire: tre di essi sono oggetti che prendono forma dall’idea della lampadina che acquista un nuovo uso, mentre due sono vere e proprie lampade da tavolo, ma ad illuminarsi non è più la lampadina, ormai obsoleta, ma il suo corpo.

 

Vitra e Robert Stadler

La Pelota invece diventa il palcoscenico per “Typecasting, An Assembly of Iconic, Forgotten and New Vitra Characters”, mostra ma allo stesso tempo showroom della vastissima e incredibile produzione di una delle aziende più note a livello internazionale.

Curata e allestita dal designer Robert Stadler, la mostra si interroga sulla funzione sociale dei mobili nella società. Affronta il tema del design, non più inteso soltanto come creazione di progetti industriali, ma mette in evidenza la funzione del design come mezzo di auto-rappresentazione e di appartenenza a un gruppo.

Nel parterre centrale del grande spazio della Pelota, come in pièce teatrale, sono esposti circa 200 oggetti che arrivano dal vasto archivio Vitra: i prodotti di oggi, i grandi classici, i prototipi, le edizioni speciali e le visioni future raggruppate in nove specifiche caratteristiche denominate “Communities”.

I mobili sono visti come “personalità dai caratteri differenti”, osservati fuori dal contesto delle convenzionali categorie date dalla destinazione d’uso o dall’epoca storica di appartenenza e raggruppati in base agli stereotipi della quotidianità. “Spartans” sono, ad esempio, gli arredi che puntano sull’essenziale, i dinamici e prestanti sono “Athletes”, i “Beauty Contestants” sono gli arredi consapevoli della propria bellezza. I “Communals” costituiscono il punto focale dell’allestimento espositivo e sono le tipologie di mobili progettate per destinazioni d’uso collettive, tema già affrontato nel 2017 dal Vitra Design Museum con la mostra “Together! The New Architecture of the Collective”. Un tema difficile da mettere in una mostra, ma che rappresenta bene la ricerca costante alla base della progettazione di Vitra. Un’esposizione leggibile forse più facilmente dagli addetti ai lavori, ma che colpisce anche i visitatori che non conoscono l’azienda: dall’alto della pedana panoramica non si può non rimanere a bocca aperta davanti alla vastità di progetti che rappresentano una visione completa su quello che era ed è oggi Vitra.

 

Missoni e Rachel Hayes

Tra gli allestimenti capaci di stupire, anche quello dell’artista americana Rachel Hayes con un’installazione negli spazi, sempre in Brera, di Missoni. Un allestimento che reagisce all’ambiente dove i colori, in continuo mutamento e movimento, sono il soggetto che anima le superfici.

Dal caos di via Solferino il visitatore si immerge in uno spazio la cui atmosfera muta con il passare delle ore. L’opera infatti si articola tra il corridoio d’accesso esterno, dove il vuoto della corte viene parzialmente chiuso da elementi in tessuto semitrasparenti e colorati che lasciano passare in modo variabile la luce e il grande spazio interno costituito da tre grandi elementi cilindrici sospesi che sono completamente rivestiti da piccoli pezzi policromi di gelatina plastica semitrasparente. I ritagli, di varie dimensioni, si animano grazie all’utilizzo di ventilatori e proiettori, dando vita ad un ambiente costantemente mutevole. Lo spazio è un acquario di colori dove si è completamente immersi in giochi di riflessi dalle infinite sfumature, da luci e da ombre. Arte e architettura in un mix perfetto.

 

Immagine di copertina:  Typecasting, An Assembly of Iconic, Forgotten and New Vitra Characters (©Arianna Panarella)

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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