Universo design: oltre il superfluo
Lo stato confusionale, le contraddizioni e le nuove sfide che attendono i professionisti del settore
Published 5 luglio 2023 – © riproduzione riservata
“Che è in più, che non è necessario né indispensabile”. Così il dizionario Treccani definisce l’aggettivo “superfluo”. Un incipit perfetto per stimolare riflessioni in coloro che, come noi, vivono in questo periodo storico un mix di emozioni passeggere e di profondi disagi derivanti dall’ennesima transizione che sta caratterizzando l’universo del design. Un universo sempre più digitalizzato e popolare nella sua smisurata dimensione virtuale, sempre più interconnesso e forse meno interessante nel mondo fisico.
Cos’è quindi il “superfluo”? Siamo davvero circondati di oggetti e contenuti superflui? È colpa dell’incontrollata evoluzione tecnologica? O abbiamo davvero bisogno di una generale operazione di pulizia dei canali prima che l’ennesima alluvione spazzi via tutto il proliferare di blande professioni e discutibili saperi che stanno logorando il mondo del design? Quello che si sta sperimentando è prima di tutto un trionfo di contraddizioni.
Da un lato, infatti, i titoli accademici continuano a diminuire d’importanza. Molte imprese preferiscono basarsi sulla corposità del portfolio o sulle evidenti dimostrazioni delle capacità comunicative piuttosto che sul possesso d’una laurea. I datori di lavoro sono alla ricerca di prove visive che il designer sia in grado di fornire risultati di qualità e di muoversi velocemente all’interno d’un settore in rapidissima evoluzione.
Dall’altro, il campo dell’istruzione ha assistito a cambiamenti radicali e sorprendenti nell’ultimo decennio. Una carriera nelle discipline del design sta guadagnando la stessa popolarità e portata rispetto ai corsi convenzionali come Ingegneria e Medicina. Il campo della progettazione offre buoni posizionamenti e genera reddito proprio come altri campi. Gli atenei e gli istituti di alta formazione attraggono gli aspiranti incentivandoli a pensare seriamente al design come ad una scelta di carriera che aiuta a eccellere in qualcosa che si ama fare. E molto spesso non si tratta di lavori gravosi o noiosi nei quali impegnarsi per guadagnarsi da vivere. Un designer di prodotto in Germania guadagna mediamente 30.000 euro all’anno, mentre un designer d’interfacce può contare su una retribuzione media annua di 56.000 euro. Un salto non indifferente che restituisce dignità e prospettive alla professione.
Il primo interrogativo è quindi sulla transizione del design, drammaticamente costretto a generare prodotti fisici che in realtà sono piuttosto strumenti di acquisizione e monitoraggio dati, servi quindi di altre strategie aziendali che superano la mera funzionalità o esperienza d’uso dell’oggetto passivo. E la solitudine del designer di prodotto non è solo retributiva, ma generazionale, poiché spodestato, circondato e forse marginalizzato da Frontend Web Developer, Digital Designer, UX Designer, UI Designer, Motion Graphics Designer, Graphic Designer e Animation Designer. Potremmo tradurre tutti questi profili in lingua italiana, ma parleremmo probabilmente di professioni sconosciute anche alle agenzie deputate al loro reclutamento. Su nove delle professioni maggiormente richieste nel 2023, solo una riguarda l’economia fisica. Le restanti sguazzano e si alimentano di contenuti virtuali.
E se il tempo ha dato ragione al design con la “D” maiuscola, quello che ha sempre incentivato l’arte della sottrazione o dove la componente artistica era d’altissimo livello, lasciando agli scaffali prodotti a buon mercato che durano in media un paio di stagioni, l’eliminazione del “superfluo” è un concetto distante anni luce da chi, mai come in questo momento, è chiamato a lavorare creativamente per glorie che durano pochi istanti e vengono fruite/considerate/dimenticate in meno di un mese.
La durata della conservazione di prodotti multimediali (se tali possiamo ancora definirli a causa della loro estrema multidisciplinarietà che spazia dalla grafica, all’animazione tridimensionale, all’intelligenza artificiale) generati dalla mente di un designer è piuttosto breve. I video di YouTube durano circa 20 giorni, un post su LinkedIn è valido per 24 ore, un post su Instagram sarà nei feed per 21 ore, i post su Facebook durano solo 5 ore e un tweet su Twitter ha solo circa 18 minuti di celebrità. Le aziende assumono e sono disposte a pagare giovani talenti in grado di trasformare rapidamente le risorse creative in contenuti adattabili alle tendenze attuali. Una tendenza TikTok raggiunge il massimo a circa 7 giorni ed è al suo apice forse solo per 4 giorni. Talenti condannati all’apprendimento continuo, alla fluidità digitale e ad una forte propensione alla comunicazione, classificate tra le competenze più importanti necessarie in quest’avvio di decennio.
Superfluo era quindi tutto il mondo del design destinato a soddisfare tendenze abitative, d’intrattenimento o di trasporto temporanee (che abbiamo pagato a caro prezzo nelle discariche degli ingombranti e dei RAEE), superflue sono le migliaia di visualizzazioni che accompagnano su web-piedistalli persone, oggetti ed esperienze per poi cancellarne ogni traccia nel momento in cui quel consumo sarà in una fase discendente (che paghiamo ad ancor più caro prezzo per il contributo necessario in termini energetici per alimentare, connettere ed archiviare dati digitali).
Dove andremo, dunque? Nei prossimi anni, il design come professione continuerà ad evolversi in un’industria ibrida considerata tanto tecnica quanto creativa. Per non sopperire (si stima che in cinque anni l’intelligenza artificiale consentirà di fare scelte estetiche e rielaborare immagini e prodotti allo stesso livello assicurato da un buon designer nel 2023), si spera che una nuova ondata di designer istruiti nel design incentrato sull’uomo – capaci d’intrecciare ricerca, interazione visuale e codice per risolvere i problemi del ventunesimo secolo – si sposterà in posizioni di leadership. E speriamo non spingano l’industria a nuovi livelli di sofisticazione, ma ne studino piuttosto la componente umana sempre più schiava e sottomessa ad infrastrutture d’apprendimento automatico. Ma resta evidente che tutto ciò aprirà ad una crescente domanda di designer in grado di offrire esperienze intuitive e coinvolgenti su misura per un ampio spettro di settori, istruzione e sanità compresi. Persone guidate dalla passione per il futuro e dalla capacità d’utilizzare il design come strumento di “unificazione” tra menti, vocazioni, strumenti e tecnologie con l’obiettivo principe di pianificare e realizzare le migliori esperienze possibili. Un professionista in grado di contrastare superflui universi paralleli e di decodificare la sua visione in elementi discreti ed essenziali all’interno dei quali altre categorie di utenti ed esperti potranno agire e incontrarsi.
Immagine di copertina: JPC Universe, studio non convenzionale di arte e design, ha presentato il suo primo Metaverso per esplorare in una esperienza interattiva fruibile via web o mediante visori VR paesaggi extra-terrestri, forme di vita sconosciute e pezzi iconici del design (fonte: fuorisalone.it/it/magazine/focus/article/1203/primo-metaverso-jcp-universe-eliseo-zubiri)
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Ricercatore e industrial designer del CETMA, si occupa di design management, business development e processi di sviluppo prodotto. Mentore del progetto WORTH, il più grande incubatore europeo finanziato all’interno del programma COSME per la creazione e il supporto di collaborazioni transnazionali tra designer, PMI e technology provider che desiderano sviluppare prodotti innovativi e di design nei settori moda, tessile, calzaturiero, arredamento d’interni, pelle, gioielleria e accessori. Il suo gruppo di lavoro ha ricevuto diversi riconoscimenti e segnalazioni ADI Design Index, nel 2011 e nel 2016 le Menzioni d’Onore al Compasso d’Oro. Diverse le esperienze internazionali nei principali programmi di scambio studentesco e lavorativo, Erasmus, Grundtvig, Relate, EID e i progetti svolti all’interno dei programmi comunitari Interreg, IPA, Framework Programmes RTD. Svolge attività di docenza e gestione di laboratori all’interno della BS de “Il Sole 24 Ore”. Coordina la sezione Design de Il Giornale dell’Architettura.com e le rubriche SOS Design (Design per l’emergenza) e Professione Designer