Anche il FuoriSalone grida “Help” per la Terra inquinata
Il meglio del percorso da Porta Venezia a via Durini, fino al Duomo e all’Università Statale, passando per Palazzo Reale
Il FuoriSalone 2019 è stato più intenso che mai: centinaia di esposizioni, eventi, presentazioni e installazioni, in una giostra continua di cocktail party, di press preview e di anteprime su invito. Il tutto per stuzzicare ancora di più la curiosità della gente che non lavora nel mondo del design, ma che lo ama e lo segue come e quando può, e soprattutto per attirare a sé il giornalista, che fino all’ultimo non sapeva dove andare perché c’erano sempre almeno dieci eventi alla stessa ora ma in posti diversi.
Nella zona che da Porta Venezia arriva fino a via Durini, e da lì al Duomo e all’Università Statale, sono state presentate tante nuove collezioni, tutte firmate da nomi importanti. Non altrettante però si sono messe in luce per originalità progettuale, pur supportate da location di grande impatto visivo e da background aziendali di tutto rispetto. Ecco quindi i progetti che ci sono sembrati più interessanti.
B&B Italia, che insieme a Flos e Louis Poulsen è oggi parte del gruppo Design Holding guidato dal nuovo CEO Gabriele Del Torchio, ha dedicato tutto il piano terra del suo showroom in via Durini alla leggendaria serie “UP” di Gaetano Pesce. Compie infatti 50 anni questa seduta, ancora attuale nelle forme e versatile per i più diversi progetti di interni. E accanto a questo best seller, B&B Italia ha voluto esporre un’altra seduta iconica del design italiano: la “Catilina” disegnata da Luigi Caccia Dominioni per Azucena.
Durante la design week è stato inaugurato anche il nuovo flagship store di Flos, dopo i lavori di ristrutturazione e ampliamento firmati dallo studio Calvi Brambilla. Ed è stata lanciata anche la riedizione di un altro progetto culto degli anni ’60: la lampada “Chiara” di Mario Bellini, in occasione del 50° anniversario dalla sua prima produzione. Accanto ovviamente a nuovi progetti d’illuminazione, firmati da grandi nomi come Michael Anastassiades, i fratelli Bouroullec, Nendo, Formafantasma e Philippe Starck.
Molto suggestivo il tributo che Cassina ha reso al progetto indiano di Le Corbusier nel suo flagship store in via Durini. Come quinte teatrali in un ideale set-up, le gigantografie dei dipinti di Le Corbusier disegnati per Chandigarh (la città che aveva concepito negli anni ’50), facevano da sfondo per presentare quattro nuovi progetti, ispirati proprio ai disegni originali di Pierre Jeanneret.
In un piccolo cubo di vetro invece Vitra ha ricreato un paesaggio tropicale, all’interno del quale si potevano intravvedere alcuni dei suoi pezzi più iconici. Scopo: presentare ufficialmente il sito di e-commerce, finalmente attivo anche in Italia per la gioia degli amanti dell’azienda che produce alcuni pezzi che hanno fatto la storia del design.
E se il progetto di Bulgari è forse quello che ha registrato più code di visitatori in assoluto – ma è da vedere se poi ne uscivano così soddisfatti, dato che l’installazione era costituita da enormi ragnatele con ragni vivi – è a Palazzo Serbelloni che Louis Vuitton ha dato il meglio di sé. Nelle scenografiche sale di questa storica dimora milanese si sono potuti vedere da vicino i nuovi elementi di arredo che vanno ad arricchire la linea “Objets nomades” prodotta dalla casa di moda francese.
Per festeggiare i suoi primi 70 anni di attività Kartell ha invece scelto alcune delle sale più belle di Palazzo Reale: l’appartamento dei Principi. Con una mostra curata da Ferruccio Laviani e Rita Selvaggio (aperta fino al 12 maggio), l’azienda ha voluto ripercorrere i suoi anni di attività, senza tuttavia seguire un ordine cronologico che ci saremmo tutti aspettati.
Molto suggestivi infine gli allestimenti all’interno dei chiostri dell’Università Statale, curati dalla rivista «Interni». Con il titolo “Human Spaces” si sono potute ammirare grandi installazioni sperimentali e architetture interattive, concepite sia da studi di fama, sia da creativi emergenti e start-up. Senza dubbio, il progetto di maggiore impatto è stato “Help the Planet, Help the Humans”, firmato da Maria Cristina Finucci e curato da Alessia Crivelli. Una grande scritta “Help”, composta da tantissimi tappi di plastica, s’illuminava di rosso la sera, simboleggiando il grido della Terra inquinata (nell’immagine di copertina di di Mattia Campo; Courtesy of «Interni magazine»).
Cresciuta in una numerosa famiglia di dentisti e scultori, direttori d’orchestra e collezionisti d’arte, ha avuto la fortuna di poter seguire la passione per la scrittura e il design. Lunghi soggiorni nei Paesi Scandinavi le hanno insegnato ad amare la semplicità e ad apprezzare la bellezza nelle piccole cose della vita di tutti i giorni. Giornalista professionista, collabora con varie riviste di design e lifestyle, italiane e internazionali