New European Bauhaus: l’architettura al centro

New European Bauhaus: l’architettura al centro

Il programma europeo unisce 27 stati e 450 milioni di abitanti nella ricerca di un orizzonte comune anche attraverso un’identità del costruire

 

New European Bauhaus (NEB): dal nome, ambizioso e fortemente evocativo, scaturisce il senso più profondo di questo programma europeo che, per la prima volta con tanta intensità, mette l’architettura al centro. Sullo sfondo una comunità di 27 stati e 450 milioni di abitanti alla ricerca di un orizzonte comune (tra gli ingenti fondi del Recovery Fund, la ferita della Brexit, le mai sopite pulsioni nazionaliste e vari muri, fisici e virtuali, che sembrano voler rinascere) anche attraverso un’identità del costruire.

NEB combina la grande visione del Green Deal europeo con un cambiamento tangibile sul terreno. Una trasformazione che migliori la nostra vita quotidiana e sia davvero sentita e percepita dalle persone: negli edifici, negli spazi pubblici, ma anche nella moda o nell’arredamento. Il nuovo Bauhaus europeo mira a creare un nuovo stile di vita in sintonia con la sostenibilità e un design di eccellenza: un modello che necessiti di meno carbonio e sia inclusivo e accessibile a tutti”. Le parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, inquadrano l’obiettivo di un programma che ha il merito di posizionare il tema delle trasformazioni architettoniche all’interno del più ampio quadro della transizione ecologica, e contemporaneamente di sdoganare questioni – spesso, erroneamente, ritenute di settore – al grande pubblico. Motivo che giustifica un uso ampio degli aggettivi e rende tollerabile il ricorso ad un nome non banale per la cultura architettonica, come è Bauhaus.

“Costruire insieme spazi di vita più belli, sostenibili ed inclusivi” è il sottotitolo. Proprio la parola “bello” è stata scelta come comune denominatore: “Bello significa spazi inclusivi e accessibili in cui il dialogo tra diverse culture, discipline, generi ed età diventa un’opportunità per immaginare un luogo migliore per tutti. Significa anche un’economia più inclusiva, in cui la ricchezza è distribuita e gli spazi sono accessibili. Bello significa soluzioni sostenibili che creano un dialogo tra il nostro ambiente edificato e gli ecosistemi del pianeta. Significa realizzare approcci rigenerativi ispirati ai cicli naturali che ricostituiscano le risorse e proteggano la biodiversità. Bello significa esperienze che arricchiscono rispondendo ad esigenze che vanno al di là della dimensione materiale, ispirate alla creatività, all’arte e alla cultura. Significa apprezzare la diversità come un’opportunità per imparare gli uni dagli altri”.

 

85 milioni per tre fasi di realizzazione

Il percorso verso la conquista di questa bellezza si compone di una serie di fasi, la cui realizzazione è finanziata con l’importante cifra di circa 85 milioni, a testimoniare il “peso” che la Commissione Europea assegna a NEB come fattore di costruzione dell’identità europea.

In questi mesi si è conclusa la prima fase, durata circa un anno, definita della progettazione collettiva e composta da vari momenti, anche eterogenei, d’incontri, dibattiti, raccolta di esempi di buone pratiche, con l’assegnazione dei premi, di cui parliamo qui. Quella successiva, che si apre in queste settimane, è un tentativo ancora più ambizioso: sintetizzare gli approcci e i riferimenti raccolti facendoli diventare “materiali” da costruzione da applicare in alcuni progetti pilota che la Commissione Europea metterà in cantiere (tra questi uno potrebbe essere in Italia).

L’immagine che il team comunicazione di NEB offre è un albero che cresce dalle radici della prima fase. Mentre l’ultimo momento, dal 2023 in poi, è la divulgazione: i frutti che nascono da questo albero rappresentano la nuova identità dell’architettura europea, capace di “uscire” dai limiti della buona pratica teorica, o comunque sperimentale, per diventare pratica diffusa e condivisa.

La sintesi, parziale, di questa fase di avvio è un non scontato fervore che, pur in maniera assai eterogenea e forse pure contraddittoria in alcuni esiti, la stessa von der Leyen ha rimarcato nell’annuale Discorso sullo stato dell’Unione: “Senza dimenticare NEB, che ha portato a un’esplosione di creatività di architetti, designer e ingegneri in tutta l’Unione”.

 

Interviste a Elisa Ferreira e Mariya Gabriel

La cerimonia di assegnazione dei premi NEB ha rappresentato il momento decisivo di una tappa, non certo la conclusione di un percorso. La partecipazione de Il Giornale dell’Architettura.com all’evento presso l’edificio Art Nouveau de Les Ateliers des Tanneurs di Bruxelles è stata l’occasione per un approfondimento di obiettivi e ambizioni. A partire dalle parole del commissario per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira: “Attraverso il suo approccio transdisciplinare e partecipativo, il programma rafforza il ruolo delle comunità locali e regionali, delle industrie, degli innovatori e delle menti creative che lavorano insieme per migliorare la nostra qualità della vita. La politica di coesione trasformerà le nuove idee in azioni a livello locale. L’incredibile livello di partecipazione mostra quantità e qualità di grandi idee e talenti che devono essere stimolati per rendere le nostre regioni, città e villaggi più sostenibili, luoghi belli e inclusivi in cui vivere. I premi serviranno anche come ispirazione per creare, innovare e diffondere migliori condizioni di vita per tutti. Il futuro è ora“.

Abbiamo dialogato con il commissario per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù Mariya Gabriel: “Collegando scienza e innovazione con arte e cultura e adottando un approccio olistico, NEB creerà soluzioni non solo sostenibili e innovative ma anche accessibili, convenienti e capaci di migliorare la vita di tutti noi”.

Come valuta la risposta dei progettisti europei a questa prima fase? Sono rimasta stupita dall’entusiasmo, dalla professionalità e dalla creatività racchiuse negli eccellenti progetti presentati. Sono anche contenta che abbiano partecipato così tanti giovani. I progetti vincitori dimostrano che coniugando arte, istruzione, ricerca e innovazione possiamo costruire ambienti sostenibili, inclusivi e accessibili”.

Questi progetti sono anche una risposta alle nuove necessità delle città post pandemia? Solo parzialmente. L’ambizione di NEB è una riconnessione tra architettura e natura, cercando soluzioni sostenibili per l’intero pianeta. In questo senso tutti i progetti candidati ai premi sono un messaggio intenso perché si fanno carico di questioni come l’educazione, l’innovazione e la costruzione di una nuova forma di comunità. La pandemia è stata un’esperienza negativa anche per via dell’isolamento che ha generato. Sicuramente possiamo cogliere qualche lezione utile ma dobbiamo lasciarci alle spalle questa fase e progettare in termini di bellezza.

NEB può essere visto come un nuovo movimento? Certamente. Lo stile architettonico è una questione fondamentale. Vogliamo che questo programma sappia aiutare progettisti e istituzioni a pensare all’economica circolare, ai materiali da costruzione, all’efficienza energetica dei nostri edifici. Nello stesso tempo abbiamo bisogno di un’integrazione più forte della disciplina. I nuovi architetti devono lavorare fianco a fianco con innovatori, startup, artisti e cittadini “normali” che possono portare soluzioni nuove e inaspettate. In questo senso NEB non riguarda soltanto la bellezza e la sostenibilità dei nostri edifici, ma anche l’accessibilità ai temi che l’architettura sollecita e che ci pone.

L’Italia è tra i paesi che più hanno contribuito ai premi. Penso sia un bellissimo segnale. Oltre al fatto di aver ricevuto molti progetti italiani, registriamo un buon livello qualitativo, con la vittoria in alcune categorie, anche tra i progetti dei giovani architetti.

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