Architettura e neuroscienze

Se ci fosse maggiore consapevolezza di quanto tempo trascorriamo all’interno di un luogo artificiale, e in particolare modo in uno spazio architettonico, e, quanto, avvolti al suo interno, le forme entro le quali socializziamo, lavoriamo, giochiamo, ci rilassiamo, impariamo e dimoriamo, influenzano i nostri comportamenti, probabilmente l’interesse verso le neuroscienze e la psicologia ambientale si sarebbe sviluppato già da molto tempo. La nostra memoria personale e le relazioni sociali sono due pilastri fondamentali del comportamento individuale, ma senza dubbio ne esiste un terzo: l’ambiente. Le teorie contemporanee della mente ci conducono, infatti, in un luogo in cui non troviamo più una netta distinzione tra il cervello, il corpo e lo spazio di cui facciamo esperienza. Il cervello, infatti, si estende non solo all’intero corpo in un intreccio inestricabile, ma anche ai luoghi nei quali la vita prospera o resiste.

Le neuroscienze si sono evolute notevolmente negli ultimi tre decenni grazie al neuroimaging, alle ricerche condotte dai neuroscienziati e a una filosofia della mente che è cresciuta costantemente in sintonia con queste nuove scoperte.

Secondo queste premesse l’architettura è, chiaramente, l’esatto opposto di un puro oggetto di contemplazione. La sua forma non può essere occasionale, né il frutto di una creatività egocentrica del tutto libera. L’ambiente, infatti, è un partner in grado di sostenere la nostra salute mentale, fisica e relazionale. Se vogliamo prenderci cura delle persone, quindi, dobbiamo conoscere alcune delle regole che provengono dalla biologia. Questo può avvenire non solo senza togliere spazio alle poetiche personali ma, al contrario, favorendo un approccio individuale responsabile all’esito finale del progetto architettonico.

Questa sezione sarà come un giardino in cui lavoreremo per nutrire il terreno e renderlo adatto a questi cambiamenti, in un modo che risulti leggibile ad architetti e progettisti. I curatori di queste pagine mirano a concretizzare questo obiettivo presentando alcuni progetti, realizzati in tutto il mondo, che percepiamo essere apertamente o implicitamente in sintonia con il quadro teorico scientifico che abbiamo in mente. Un altro modo per fare luce sull’argomento sarà condividere alcune recensioni di libri di recente pubblicazione ed interviste a designer, studiosi e professori che lavorano su questa frontiera impegnativa. Il quarto livello del nostro programma di lavoro sarà dedicato ad alcune tesi di laurea che si muovono negli stessi ambiti d’indagine, dando così spazio anche a giovani designer. I curatori di questa sezione dedicheranno questa lettura su quattro livelli alle diverse esperienze dell’architettura, poiché crediamo fortemente in un approccio fenomenologico al design, e, in particolare, ad un’interpretazione incentrata sulle neuroscienze, in cui la percezione degli utenti sia il motore del risultato finale del progetto. Ogni esperienza umana, come guarire, abitare, apprendere, lavorare, e altre ancora, attraverserà questa sezione, salendo attraverso tutti e quattro i piani che caratterizzano questa nuova costruzione.

A cura di Davide Ruzzon con Giulietta Boggio Bertinet, Birgit Moser, Roberto Fulciniti, Clara Rius, Camila Ruiz Figari e Antonio Sorrentino

 

If we could better consider how much time we spend inside an artificial place, namely in architecture, and, wrapped inside them, how forms within which we socialize, work, play, relax, learn, and dwell are affecting our behaviors, we would probably have started focusing our attention on neuroscience, and environmental psychology since a long time before now. Our personal memory and social relations are indeed two giant pillars of individual behavior, but the third cornerstone is undoubtedly the environment. Contemporary theories of mind convey the exact point where we find no sharp divide between the brain, body, and space we experience. In other words, the brain is extended not only to the entire body in an inextricable interlace, but our brain is also extended to the room inside which our life thrives or copes.
Neuroscience has considerably moved in the last three decades thanks to neuroimaging, neuroscientist research, and a new philosophy of mind consistently growing along with them. According to this premise, architecture is the opposite of a pure object of contemplation. Its form cannot be occasional nor the fruit of entirely free egocentric creativity. Differently, architecture is a partner that can sustain our mental, physical, and relational health. Biology has some rules we should know to take care of people. Still, ample space remains for personal interpretations, allowing individual take on the final design’s architectural output.
This section will be a garden where we will work to nourish the ground for these shifts in an readable way for designers and architects. Curators of these pages aim to bolster this target by presenting some projects, recently built around the globe, that we perceive are openly or implicitly attuned to the scientific theoretical framework we have in mind. Another way to shed light on the topic is by sharing reviews of recently published books and interviews with key figures of designers, scholars, and professors working on this challenging frontier. The fourth level of our working program will be devoted to some recent graduation thesis in the same fields of investigation, giving space to the younger designers.
Curators of this section will dedicate these four-level readings to diverse experiences of architecture, as we strongly believe in the phenomenological approach to design, particularly its neuro-based interpretation, where users’ perception is the driver of design’s result. Each human experience, healing, dwelling, learning, working, and others will breathe inside the section for two months, crossing all four levels featuring our endeavor.

By Davide Ruzzon with Giulietta Boggio Bertinet, Birgit Moser, Roberto Fulciniti, Clara Rius, Camila Ruiz Figari and Antonio Sorrentino

 

Spazi per la cura

  • Progettare la salute, di Davide Ruzzon
  • Femke Feenstra: olfatto e suoni per curare la demenza, di Camila Ruiz Figari
  • Renzo Piano tra le chiome degli alberi: la bellezza riguarda tutti, di Davide Ruzzon
  • Tye Farrow, una salutogenesi per l’ambiente costruito, di Davide Ruzzon
  • Meno stress e spazi terapeutici innovativi per una società più sana, di Birgit Moser

 

Spazi per l’apprendimento

  • Che cosa ci insegna lo spazio, di Davide Ruzzon
  • L’edificio come terzo insegnante: il caso di un asilo in Perù, di Roberto Fulciniti
  • Upali Nanda: riduciamo il divario tra intenzioni progettuali e percezione dell’utenza, di Giulietta Boggio Bertinet
  • Barbara Wolf e le atmosfere dell’apprendimento, di Antonio Sorrentino

 

Spazi per il lavoro

  • L’ufficio open space ha chiuso?, di Birgit Moser e Davide Ruzzon
  • Grotte e falò per il layout dei workplace, di Davide Ruzzon
La pianta dell'asclepeion di Pergamo (Turchia)

Progettare la salute

L’ambiente costruito è biologicamente fondamentale per la promozione del benessere emotivo

Zierik7, interno

Femke Feenstra: olfatto e suoni per curare la demenza

L’approccio progettuale dello studio di Rotterdam per portare maggiore benessere, soprattutto nel settore sanitario, attraverso la ricerca

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Renzo Piano tra le chiome degli alberi: la bellezza riguarda tutti

Un dialogo intorno al progetto dell’Hospice per bambini a Bologna della Fondazione Seragnoli

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Tye Farrow, una salutogenesi per l’ambiente costruito

Un’architettura generatrice di salute è la proposta dell’architetto canadese nel suo libro Constructing Health

“Revitalizing Pediatric Hospital Spaces", sala di attesa

Meno stress e spazi terapeutici innovativi per una società più sana

Tre tesi di laurea esplorano l’unione di neuroscienze ed evidence-based design nella progettazione degli ambienti sanitari

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Che cosa ci insegna lo spazio

Per l’istituzione scolastica sperimentare implica uno spazio che si articola permettendo una pluralità di azioni, anche indeterminate

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Barbara Wolf e le atmosfere dell’apprendimento

La nuova fenomenologia applicata agli spazi scolastici nel volume della pedagoga tedesca

Billy Wilder 'The Apartment 1960

L’ufficio open space ha chiuso?

Le nuove frontiere del progetto puntano a soddisfare le esigenze, spesso inconsce, degli utenti

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Grotte e falò per il layout dei workplace

Nel libro di Ron Friedman l’importanza di spazi diversificati per migliorare benessere mentale, produttività e coinvolgimento dei dipendenti

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