La ceramica italiana continua a crescere e ritorna ai livelli pre-crisi
L’appena conclusa 36° edizione di Cersaie riflette sa l’ottima salute del settore ceramico italiano, che, primo al mondo, muove un mercato di 6,4 miliardi di euro, che la crisi di un paese immobile, verso cui è rivolto solo il 15% della produzione
La 36° edizione di Cersaie, il Salone internazionale della ceramica per l’architettura e l’arredo bagno promosso da Confindustria Ceramica, si è conclusa a Bologna il 28 settembre con un’infilata di segnali e numeri positivi e una rapporto sempre più stretto con il suo territorio: aumento degli spazi espositivi (+ 5.000 mq rispetto al 2017 grazie a tre nuovi padiglioni, il 28, 29 e 30 che hanno portato a 161.000 i mq complessivi), 840 espositori provenienti da cinque continenti e 40 nazionalità e maggiore integrazione con il capoluogo emiliano nei cui spazi si espande grazie al programma della Bologna Design Week.
Il panorama nazionale riflesso dallo specchio della sempre più fiorente industria ceramica italiana è fatto di luci e ombre: molte luci per i risultati ottenuti da un settore che in termini di fatturati ha raggiunto i livelli pre-crisi, molte ombre per un paese che purtroppo sembra sempre più immobilizzato in un’impasse da cui non riesce a uscire.
Con un 2018 ancora da chiudere e un 2019 per cui si prevedono ritmi di crescita più moderati, l’industria ceramica italiana a fine 2017 occupava 22.653 persone (19.515 in Italia, con un incremento di 559 addetti, e 3.138 all’estero), per un fatturato complessivo di 6,4 miliardi di euro e 508,8 milioni di mq di lastre e piastrelle prodotte. Il 73% del fatturato è stato esportato mentre il 14% è stato destinato al finanziamento dei programmi di internazionalizzazione.
L’Italia è il paese in cui un settore che affonda profonde e solide radici nel suo territorio ha realizzato la grande parte dei suoi prodotti. Il fatturato italiano ha infatti superato i 5,5 miliardi di euro, pari alla produzione di 421,9 milioni di mq di piastrelle e lastre, l’85% dei quali è stato poi venduto all’estero: il 55% in Europa, il 16% nelle Americhe e l’11% in Asia (in diretta competizione con la Cina). Solo il 15%, pari a 842,4 milioni di euro e 83,7 milioni di mq di lastre e piastrelle, è stato commercializzato in Italia in grande sofferenza, specchio di un paese quasi fermo che ha ridotto al lumicino il numero degli interventi, a tutte le scale e di tutte le tipologie, e l’avvio di nuovi progetti.
Collocare l’Italia nel gruppo dei paesi esportatori di prodotti ceramici offre un quadro diverso, che chiama in modo diretto il supporto delle politiche e degli investimenti pubblici, indispensabile per mantenere alti i livelli di competitività di aziende che in ricerca e innovazione stanno investendo cifre sempre più alte: dal 2002 stabilmente attorno al 5% del fatturato, dal 2014 si è assistito a un costante incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, che nel 2017 sono arrivati a superare il 9%, veleggiando verso cifre di 600 milioni di euro (514,9, +29% rispetto al 2016 grazie anche agli incentivi e alle defiscalizzazioni del piano nazionale Industria 4.0).
La presenza italiana sul mercato globale continua a essere di alta qualità, anche se l’Italia non è il primo produttore. Guadando ai metri quadrati, il 31% del mercato è infatti detenuto dalla Cina, con la Spagna (relativamente presente in fiera con le sue aziende) che con il suo 15% sta incalzando il 16% dell’Italia. Guardando invece ai fatturati, che rapportati alle metrature riescono a dare qualche indicazione di massima sulla qualità, la situazione si ribalta, con l’Italia in testa alla classifica con la detenzione del 32% del fatturato globale che per la Cina scende al 25% e per la Spagna al 16%.
Il distretto ceramico di Sassuolo-Fiorano Modenese produce, scegliendo di non delocalizzare e alimentando l’economia di un territorio d’importanza europea, e chiede al settore pubblico investimenti, in termini di piano Industria 4.0, formazione, supporto all’innovazione, internazionalizzazione ma anche e soprattutto di infrastrutturazione, materiale e immateriale, per continuare a essere competitivo. Il tema è nodale, non solo per il distretto ma per tutto il paese e il particolare accento posto da Confindustria Ceramica durante la conferenza stampa internazionale conferma la sensazione d’incertezza che oggi pervade larghe parti del paese.
Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali, progetti e pubblicazioni su Carlo Mollino e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella 9° e 10° edizione del Premio Architetture rivelate. Nel 2014 fonda lo studio Comunicarch con Cristiana Chiorino, che, focalizzato sulla comunicazione dell’architettura, fa anche parte del network internazionale Guiding Architects. Co-fondatrice nel 2017 dell’associazione Open House Torino, è attualmente caporedattrice de “Il Giornale dell’Architettura” e curatrice de “Il Giornale dell’architettura, il nostro primo podcast”.


