Padiglioni Biennale: Germania, che stress il cambiamento climatico
L’esposizione propone un’efficace immersione negli effetti delle crisi ambientali. Il percorso allestitivo segue le sequenze dell’edificio dei Giardini
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“Stresstest”, il titolo del contributo tedesco alla 19° Mostra Internazionale di Architettura, sembra davvero una metafora calzante per più di un aspetto di questa Biennale.
Intanto per la prova di resistenza chiesta al visitatore che, dopo aver affrontato la densissima mostra in Arsenale, una volta giunto ai Giardini trova quanto meno il sollievo della chiusura del Padiglione Centrale, per i “misteriosi” lavori di ristrutturazione.
Non resta dunque che perdersi tra le nazioni in una flânerie geopolitica assai eccentrica, risalendo dalla Svizzera al desolato Venezuela, passando per una Russia chiusa e tacita tanto quanto, poco più in là, il padiglione di Israele (ma l’eco dei bombardamenti è in entrambi i casi fragorosa); per incappare poi in un Giappone che pare finito lì per burla di un cartografo ubriaco, e culminare infine sulla “motta” dove si ergono, assisi e un po’ tronfi, i monumentali padiglioni di Francia, Gran Bretagna e della nostra Germania.
La grande mole dell’edificio tedesco, costruito nel 1909 come Padiglione Bavarese su progetto dell’ingegnere municipale di Venezia Daniele Donghi e poi riformato in chiave neoclassica da Ernst Haiger nel 1938 in pieno regime nazista, è in realtà coronato sui fianchi da due gioiellini di tutt’altra scala e grazia nel porsi tra gli alberi dei Giardini: il padiglione spiraliforme dei BBPR per il Canada (1957) e la leggera scatola trasparente della Corea (Seok Chul Kim e Franco Mancuso, 1995), che festeggia il suo trentesimo compleanno in questa edizione raccontando la genesi del progetto.
Tre ambienti, tre sezioni
Un ultimo sforzo per risalire l’erta scalinata teutonica, ed eccoci finalmente dentro al padiglione, caratterizzato a sua volta da uno schema simmetrico bilaterale con una grande sala centrale affiancata da due ambienti laterali: spazialità che si tramuta giocoforza in una tripartizione della mostra.
“Stresstest”, curata da Nicola Borgmann, Elisabeth Endres, Gabriele G. Kiefer e Daniele Santucci, si propone di mostrare i drammatici effetti del riscaldamento globale nei contesti urbani: esperienza che del resto tutti ben conosciamo e viviamo sulla nostra pelle, quotidianamente e nel marasma veneziano.
La grande sala centrale accoglie una proiezione immersiva di sicuro effetto, che mostra la doppia faccia del fenomeno, il negativo e il positivo. Un denso montaggio di immagini, animazioni e dati mette i visitatori di fronte alle cause e alle conseguenze del cambiamento climatico sugli spazi urbani, che vivono condizioni di intenso stress: ce lo dicono chiaramente le mappe delle isole di calore e le termografie degli edifici, virate drammaticamente verso un inesorabile e allarmante rosso.
Nella seconda parte della proiezione, il contraltare è rappresentato da esempi virtuosi di controllo e mitigazione climatica con strategie semplici e collaudate, dunque possibili: le dominanti cromatiche vanno ora verso il verde e l’azzurro, e anche il sonoro tende a rassicurare i visitatori sulle note di Casta Diva.
Disagio e relax
Il racconto per immagini è reso ancora più evidente nelle due sale laterali dalle installazioni, Stress e De Stress: nella prima, un volume scultoreo in ferro riempie lo spazio e, avvicinandosi, si rivela sempre più caldo, creando disagio ai visitatori (una costante per questa edizione della Biennale, dopo il surriscaldamento dei condizionatori appesi attorno al Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto all’ingresso delle Corderie).
Una termocamera mostra in tempo reale, su schermi di grande formato, i cambiamenti della temperatura corporea in relazione al clima ambientale di questa sala.
Di contro, nella sala speculare ci aspetta un’oasi di freschezza, calma e relax: nulla di più semplice ed efficace che l’esempio concreto di alcuni alberi ad alto fusto, messi a dimora come all’interno di una serra, a dare ombra, filtrare la luce, abbassare la temperatura e creare un piacevole microclima.
Immagine di copertina: il padiglione tedesco ai Giardini della Biennale di Venezia, 2025 (@Patricia Parinejad)
Stresstest
Padiglione Germania alla 19^ Biennale di Architettura di Venezia
Sede: Giardini
Commissario: Ministero Federale per la Casa, lo Sviluppo urbano e l’Edilizia
Curatori: Nicola Borgmann, Elisabeth Endres, Gabriele G. Kiefer, Daniele Santucci
Visitabile fino al 23 novembre 2025

Nato a Peschiera del Garda (Verona) nel 1968, si laurea in architettura al Politecnico di Milano, dove ha svolto attività didattica e di ricerca fino al 2012. Alla libera professione affianca la ricerca sulla comunicazione del progetto architettonico e urbano, organizzando incontri e iniziative, scrivendo numerosi articoli e saggi e curando pubblicazioni. Dal 2010 dirige la rivista «Architettiverona»







