Accessibilità nei musei: non obbligo ma opportunità
Progettare gli spazi espositivi favorendo un’ampia fruibilità può attivare un circolo virtuoso e diventare un fattore strategico di qualità
Published 24 gennaio 2025 – © riproduzione riservata
Il 20 dicembre 2024 il Corriere della Sera dedica una pagina ai nuovi arredi accessibili realizzati da Mario Cucinella per Palazzo Citterio, due tavoli del modello Nuvola collocati nella Sala degli Specchi.
I tavoli sono progettati pensando a persone con esigenze diverse che si muovono negli spazi della sala, interagiscono con gli oggetti, vivono un’esperienza piacevole a prescindere dalle loro esigenze. Una buona notizia, verrebbe da dire. Eppure, l’enfasi intorno ad un elemento di arredo senza barriere da parte del maggiore quotidiano nazionale conferma che, a prescindere dalla qualità, l’accessibilità nel nostro paese resta ancora un’eccezione, spesso ancorata alle sole soluzioni strumentali.
Quale accessibilità?
In Italia ci troviamo ad un bivio e i modi in cui sceglieremo di accompagnare lo sviluppo di questa materia indirizzeranno lo standard complessivo dei nostri musei. Esistono casi virtuosi, in aumento, ma il panorama complessivo resta poco incoraggiante. Del resto, il nodo centrale non risiede tanto nella presenza di esempi isolati quanto nella diffusione sistematica e consolidata delle buone pratiche. Da questo punto di vista, nessuna città italiana può davvero essere considerata un riferimento nell’accessibilità dei suoi musei, soprattutto se la intendiamo come un pilastro all’interno della progettazione, secondo una chiave design-based.
Rimanendo nella dimensione europea, visitare molti dei musei di Londra o Berlino, e non solo quelli più grandi, lascia percepire un orizzonte diffuso da cui lasciarsi ispirare: sono sempre più numerose, infatti, le organizzazioni che in anni recentissimi hanno trasformato l’accessibilità nel motore di una trasformazione più radicale. I risultati trovano riscontro in esperienze fluide, a misura di persone e a favore della loro autonomia: i testi delle didascalie usano una lingua piana e impeccabile, si sforzano di essere rilevanti, sono sempre leggibili; le modalità con cui accedere alle mostre sono diversificate, considerano diversi modi di apprendere, richiedono l’uso di più sensi. Le sedute sono frequenti, ergonomiche, l’illuminazione non è lasciata al caso, l’estetica è curata e le scelte per l’accessibilità talmente integrate da risultare invisibili. Le famiglie sono sempre un target: spesso esistono piccoli exhibit interamente dedicati a loro e questo nei musei più svariati: scientifici, dedicati alla storia o all’arte contemporanea.
L’accessibilità si riscontra anche nella condivisione di strumenti specifici – per persone di altra provenienza linguistica, con disabilità sensoriali e cognitive, adulti con bambini, etc. – ma soprattutto evidente nella qualità dell’esperienza complessiva. A monte, è considerata un processo e un obiettivo primario che implica la collaborazione di molti stakeholder, tutto lo staff incluso.
Per un approccio innanzitutto culturale
Ovviamente non è sempre così, né questa vuole essere la sede per circostanziare i fattori – politici, sociali, culturali – che da decenni, altrove, promuovono consapevolezze in materia di museum studies, visitor studies, studi sul design, a rafforzare la stessa accessibilità. Quello che qui ci preme riscontrare è il modo ampio, diverso e possibile, in cui questa materia può prendere forma, anche in certe organizzazioni più piccole: non più confinata a sparute soluzioni architettoniche, non punteggia un percorso, non riguarda solo certe attività educative o singoli strumenti ma attraversa stabilmente i musei nella loro interezza. Da disciplina frammentaria e per pochi assume una dimensione universale, frutto di un lavoro – magari anche di anni – ma lungimirante.
L’accessibilità si realizza quando l’esperienza di visita considera la persona, nella piena varietà umana; rimuove gli ostacoli associati alla disabilità – motori, sensoriali, cognitivi – e considera al pari anche tutti gli altri: socio-culturali, linguistici, emotivi, all’informazione, digitali, economici, per citarne solo alcuni non abbastanza considerati. Le barriere interessano al tempo stesso persone diverse, le quali – a loro volta – non saranno sempre uguali a sé stesse. Da questa prospettiva, decostruire l’associazione esclusiva fra accessibilità e disabilità (ma anche fra accessibilità e fragilità o accessibilità e minoranze) è fondamentale anche per promuovere una percezione diversa fra le persone stesse e mettere a sistema la comprensione degli ostacoli con le motivazioni alla visita.
Certo, anche nei nostri musei si parla di accessibilità sempre più spesso. L’evoluzione delle normative ha sollecitato adeguamenti strutturali e progettuali e i fondi del PNRR hanno favorito molti investimenti, mentre è cresciuta la consapevolezza su questi temi anche nella dimensione di un trend e un mercato in espansione, soprattutto per i fornitori.
Nella maggior parte dei casi, però, l‘accessibilità continua a diffondersi in una versione riduttiva e strumentale, una tantum, associata ai soli interventi tecnici per persone con disabilità – rampe, ascensori, testi in braille – senza intuire le prospettive di un più auspicabile approccio culturale, integrato, trasversale. Non è cattiva fede: più spesso, manca l’esempio di casi virtuosi e un indirizzo politico.
Una leva strategica
Soluzioni specifiche, pure necessarie, devono risultare complementari a scelte più di sistema, che invitano ad un ripensamento complessivo; non a caso, più spesso le barriere sono invisibili e riguardano la definizione di nuovi modelli di governance e organizzativi per rendirizzare, talvolta anche con poco, i modi di agire e progettare di tutto il personale. Oltre alla stratificazione delle necessità umane, occorre dunque considerare la complessità istituzionale, nell’intersezione di ambiti di applicazione materiali e immateriali che vanno dal sito web agli allestimenti, dalla formazione del personale ai contenuti delle didascalie. Rispondere in modo articolato a queste sfide pare l’ultima delle priorità all’interno di organizzazioni spesso carenti di risorse.
Eppure, l’esperienza insegna che individuare nell’accessibilità una priorità strategica genera impatti in termini di qualità della visita, diversificazione dei pubblici ma anche rafforzamento dell’immagine e delle reti di partenariato. In un momento storico in cui la competenza delle organizzazioni si misura spesso nella coerenza tra visione e valori, la capacità di sviluppare innanzitutto politiche e strategie orientate al lungo termine diventa una priorità; e le risorse, in questi casi, si trovano quasi sempre.
Per questo possiamo continuare a considerare l’accessibilità come un susseguirsi di interventi sconnessi e circoscritti o trasformarla in un principio guida che ridisegni il modo di pensare ai servizi culturali. Se scegliamo la seconda strada, dandoci anche tempi lunghi, potremo sì migliorare l’esperienza di visita per chiunque ma soprattutto riaffermare il ruolo dei musei quali luoghi accoglienti e capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo.
Immagine di copertina: l’accessibilità dei musei

Maria Chiara Ciaccheri, Musei e accessibilità. Progettare l’esperienza e le strategie, Milano, Editrice Bibliografica, 2024
Maria Chiara Ciaccheri, Museum Accessibility by Design. A Systemic Approach to Organizational Change, Lanham, Maryland, American Alliance of Museums & Rowman & Littlefield, 2022
Tiina Roppola, Designing for the Museum Visitor Experience, New York, Routledge, 2014

È museologa esperta in accessibilità, interpretazione, visitor experience con un focus sullo sviluppo operativo e strategico dei processi. Ha scritto Musei e accessibilità. Progettare l’esperienza e le strategie (Editrice Bibliografica, 2024) e Museum Accessibility by Design. A Systemic Approach to Organizational Change (Rowman & Littlefield per American Alliance of Museums, 2022). Dopo un Master in Learning and Visitor Studies all’Università di Leicester (UK) e ampie ricerche negli Stati Uniti, collabora con musei e organizzazioni italiane e internazionali ed insegna Accessibilità museale in diversi corsi post-laurea.