Memoriali, ricordare il trauma senza escludere
Tra storia e memoria, un viaggio attraverso progetti emblematici. A Berlino ci sono esempi in cui inclusione e accessibilità diventano fattori del ricordo stesso
Published 11 febbraio 2025 – © riproduzione riservata
Il 29 gennaio 2025, a quasi 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, il Parlamento tedesco ha approvato una mozione interpartitica che chiedeva di riconoscere formalmente le vittime dell’eutanasia e quelle delle sterilizzazioni forzate come vittime della persecuzione nazista
Due gruppi di vittime che non hanno mai goduto di uno status giuridico uguale a quello dei perseguitati razziali o politici. Come hanno dimostrato anche le ricerche storiche più approfondite, i disabili e i malati di mente furono perseguitati principalmente per motivi ideologici, perché considerati indegni di vivere.
Nel luogo dove si decise uno sterminio ignobile
Benché tardivo, questo riconoscimento politico costituisce l’esito di un lungo processo che, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha visto susseguirsi numerose iniziative commemorative volte a creare presso l’opinione pubblica maggiore consapevolezza rispetto al tragico destino delle vittime dell’eutanasia, affinché le loro storie fossero trattate in maniera equa e dignitosa, entrando a far parte della memoria collettiva tedesca.
Sulla scia della ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CDPD), che la Germania ha approvato nel 2009, un primo riconoscimento simbolico di queste vittime è avvenuto nel 2014, con l’inaugurazione del Luogo della memoria e dell’informazione sulle vittime dell“eutanasia” a Berlino, nello stesso luogo dove, tra il 1940 e il 1945, si trovava il quartiere generale della cosiddetta Operazione T4 (Aktion T4), o Programma eutanasia.
Qui, all’interno di una villa ottocentesca di cui oggi non si ha quasi più memoria, burocrati e medici avevano pianificato lo sterminio dei disabili e dei malati di mente.
Dato il peculiare contesto urbano in cui è sorto il memoriale, sul quale incombe la possente Philharmonie di Hans Scharoun, la sua architettura si inserisce come una presenza discreta nello stratificato panorama dei luoghi della memoria berlinesi.
Eppure, a differenza della maggior parte di questi ultimi, sul piano dell’accessibilità tale memoriale presenta una caratteristica unica: al fine di garantire alle persone con disabilità l’accesso completo e autonomo al luogo e alle informazioni storiche, i progettisti sono stati chiamati a mettere in pratica le più avanzate strategie progettuali esistenti nel campo della progettazione inclusiva.
Ricordare, senza barriere
Noto ai berlinesi anche come Muro Blu (Blaue Wand), per via della presenza di un muro composto da lastre di vetro blu, che sul piano formale costituisce il suo principale segno distintivo, il memoriale si configura come un piccolo museo all’aperto, accessibile senza barriere e a qualsiasi ora del giorno e della notte.
I contenuti espositivi sono visualizzati su un supporto multimediale posto al di sopra di un lungo zoccolo di cemento scuro avente la funzione di leggio e situato a un’altezza accessibile anche ai visitatori in sedia a rotelle.
La presenza di un sistema informativo di carattere multimediale permette a questo sito del trauma di raccontare e documentare la sua storia e quelle delle vittime attraverso media e lingue differenti, avvalendosi di testi in tedesco, inglese e nella cosiddetta lingua facile (leichte Sprache), nonché di audiodescrizioni e filmati con la traduzione in lingua dei segni.
L’omicidio di massa dei disabili e dei malati di mente, insieme agli esperimenti sugli esseri umani perpetrati nei campi di concentramento nazisti, costituisce il capitolo più oscuro della storia della medicina tedesca.
A tale riguardo, per assicurare la comprensione di una vicenda storica così dolorosa e complessa al maggiore numero di persone, i contenuti didattici e informativi sono stati elaborati da un gruppo di storici della medicina delle Università di Monaco, Heidelberg e Berlino, che ha contribuito a conferire a questo peculiare luogo della memoria maggiore leggibilità, rendendolo accessibile anche ai pubblici con esigenze specifiche.
Memoriali (quasi) per tutti: quando il ricordo esclude
La maggior parte dei luoghi della memoria traumatica rappresenta per le persone con disabilità un racconto storico da cui sono stati completamente esclusi. Molti memoriali e siti del trauma sono stati progettati senza tenere conto dei criteri di accessibilità, negando a molti l’opportunità di vivere appieno l’esperienza dello spazio commemorativo.
Il campo di stele del Memoriale agli ebrei assassinati d’Europa di Peter Eisenman, sempre a Berlino, ne costituisce un esempio emblematico: sebbene i percorsi stretti e angusti tra una stele e l’altra, caratterizzati da pendenze irregolari non idonee a essere percorse in autonomia su una sedia a rotelle, siano stati concepiti per suscitare turbamento, le persone con disabilità motorie riescono a percorrere solo un decimo della sua superficie totale (segnato con il pittogramma della persona su una sedia a rotelle).
Un altro esempio di fruizione ridotta è rappresentato dai contenuti del Museo Audiovisivo della Resistenza progettato da Studio Azzurro a Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara. I filmati che mostrano i volti delle persone coinvolte nella Resistenza sono sprovvisti di sottotitoli in lingua italiana, limitandosi a quelli in lingua straniera (inglese, francese, tedesco). Di conseguenza, le persone con disabilità uditive possono vivere l’esperienza solo parzialmente. Né sono presenti traduzioni in lingua dei segni delle diverse testimonianze che costituiscono il nucleo tematico del museo.
Esperienze, emozioni, inclusioni
I luoghi della memoria odierni si configurano come dispositivi aperti, dove l’aspetto estetico e rappresentativo tende a diventare secondario rispetto a quello informativo ed esperienziale, costituendosi come luoghi fortemente dialettici che incoraggiano la partecipazione delle comunità e la negoziazione sociale.
Oltre a ridestarla dal suo torpore, riattivandola, questi costanti stimoli e confronti concorrono a rendere la memoria collettiva non soltanto maggiormente permeabile, ma anche più facilmente trasmissibile.
Se l’incremento della dimensione partecipativa nei luoghi della memoria può effettivamente favorire la trasmissibilità di quest’ultima, è fondamentale garantire la loro accessibilità al maggior numero possibile di persone.
Larga parte dei luoghi della memoria istituiti negli ultimi quarant’anni volgono il loro sguardo soprattutto alle vicende dolorose che hanno segnato la storia contemporanea, includendo nelle commemorazioni gruppi di vittime sempre più differenziati.
I memoriali e i siti del trauma non sono più luoghi inerti: non si limitano a conservare la memoria, fornire reperti o testimonianze, ma sono concepiti come architetture dinamiche che mirano a favorire sia la partecipazione e l’inclusione sociale, sia l’apprendimento emotivo ed esperienziale. “Ogni esperienza architettonica tattile è multisensoriale”, scrive l’architetto finlandese Juhani Pallasmaa.
Un’intuizione che, se applicata alla progettazione dei luoghi della memoria, può dare frutti maturi: l’esperienza multisensoriale non solo ha il potere di aumentare la nostra capacità di partecipazione – che, secondo il filosofo americano Edward S. Casey, costituisce l’“essenza funzionale” della commemorazione, ovvero del “ricordare insieme” – e di empatia verso le vittime, ma può anche contribuire ad ampliare le possibilità di accesso alle persone con disabilità.
Immagine copertina e delle immagini: T4 – Memoriale delle vittime dell’eutanasia, Berlino, 2014 (© Lukas Wozniak). Progetto di Ursula Wilms (architetto, Aquisgrana/Berlino), Nikolaus Koliusis (artista, Stoccarda), Heinz W. Hallmann (architetto paesaggista, Aquisgrana)
Götz Aly, Zavorre. Storia dell’Aktion –T4: l’“eutanasia” nella Germania nazista 1939-1945, Torino, Einaudi, 2017
Edward S. Casey, Remembering. A phenomenological Study, Bloomington, Indiana University Press, 1987
Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi, Milano, Jaca Book, 2007
Marco Paolini, Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute, Torino, Einaudi, 2012
Si è formata all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana a
Mendrisio, dove ha conseguito successivamente il Dottorato di ricerca. Attualmente svolge
attività didattica e di ricerca presso l’Istituto di storia e teoria dell’arte e dell’architettura
(ISA) della stessa Accademia di architettura. È autrice di Architettura e politiche della
memoria. Louis I. Kahn e Peter Zumthor: due progetti non realizzati (Mendrisio Academy
Press, 2023), volume insignito del “Premio Emilia Zinzi per la storia dell’arte 2023”.