La progettazione inclusiva nelle scuole di architettura
Percorsi educativi dedicati per un processo di sensibilizzazione
Published 14 aprile 2025 – © riproduzione riservata
Le tematiche dell’accessibilità inclusiva coinvolgono il mondo dell’architettura a ogni scala di intervento e con ogni tipo di funzione, soprattutto se pensiamo all’accessibilità come una qualità da garantire al di là degli obblighi normativi per consentire la fruibilità in sicurezza di edifici e spazi, requisito determinante per l’autonomia di vita delle persone.
Ma l’accessibilità, declinata secondo i princìpi dell’Universal design, dell’Inclusive design o del Design for all – espressioni usate spesso come sinonimi pur presentando origini e approcci diversi – può costituire anche un’importante occasione professionale.
Il rinnovato interesse per i PEBA (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) ad esempio, in parte legato ai finanziamenti del PNRR, e per i PAU (Piani di Accessibilità Urbana) ha moltiplicato negli ultimi anni gli incarichi che piccoli e grandi Comuni hanno affidato ai professionisti.
Dalla diffidenza alla formazione specifica
Per progettare edifici accessibili non servono abilitazioni particolari, né esistono albi ai quali sia necessario iscriversi, ma una formazione specifica e un aggiornamento costante sono elementi indispensabili il cui primo passo dovrebbe avvenire durante il percorso di studio universitario. Il condizionale è d’obbligo perché, purtroppo, le università raramente presentano nella loro offerta formativa dei corsi specificatamente dedicati alla progettazione inclusiva.
L’insegnamento delle strategie per “superare le barriere architettoniche” si diffonde negli atenei a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, contestualmente all’emanazione della Legge 13 del 1989 e del D.M. 236 dello stesso anno. In quegli anni chi si occupa di accessibilità è un pioniere, non del tutto amato dai colleghi, perché introdurre una nuova priorità/obbligo nel progetto è una condizione a cui l’accademia non è ancora pronta e la novità viene vista come una limitazione alla creatività.
Oggi il terreno culturale è mutato e diversi docenti dedicano a questi temi lezioni o seminari, di solito a partire da sensibilità personali o interessi di ricerca e/o professionali, convinti dell’importanza di trasmettere i princìpi della progettazione inclusiva ai futuri professionisti, affinché questi possano far dialogare gli aspetti dell’accessibilità con quelli della qualità architettonica, ponendo al centro del progetto l’eterogeneità delle persone, nelle loro differenze e bisogni specifici.
I corsi attivati quasi sempre fanno riferimento alla Tecnologia dell’architettura, disciplina che ha nei suoi ambiti di interesse il progetto sviluppato attraverso le dinamiche esigenziali, gli aspetti prestazionali e i controlli della qualità architettonica e ambientale.
Ed è proprio questa disciplina che raccoglie in un Cluster dedicato – denominato Accessibilità Ambientale, all’interno della SITdA, Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura – oltre cinquanta docenti e ricercatori che si occupano di accessibilità nelle loro attività di didattica e di ricerca. Dal Cluster è nato il progetto del corso di Alta Formazione Accessibilità Ambientale, diretto da Adolfo Baratta dell’Università degli Studi Roma Tre.
Chi insegna cosa
L’offerta didattica è invece meno ampia quando si tratta di corsi monotematici interamente dedicati all’accessibilità, come offre Roma Tre attraverso il corso di Progettazione inclusiva dedicato agli studenti della Triennale e della Magistrale, l’Università Iuav di Venezia con il corso di Tecnologie del recupero edilizio e progettazione inclusiva dell’esistente, all’interno della SSIBAP, la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio diretta di Paolo Faccio o il Politecnico di Torino con il corso di Design for accessibility and social inclusion all’interno del corso di Dottorato di ricerca in Design e Tecnologia: Persone, Ambiente, Sistemi.
I programmi di insegnamento affrontano la terminologia corretta e il quadro normativo italiano, comprese alcune norme UNI di riferimento, come la norma europea UNI CEI EN 17210, Accessibilità e usabilità dell’ambiente costruito-Requisiti funzionali, nella versione italiana del 2021, e il rapporto tecnico a supporto, la UNI CEI CEN/TR 17621, Accessibilità e usabilità dell’ambiente costruito. Criteri e specifiche tecniche prestazionali, del 2022, strumenti indispensabili per il progetto della nuova edificazione, da affiancare alle Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale del 2008 quando si debba operare per il recupero del patrimonio storico.
E poi l’analisi di casi studio esemplificativi di buone prassi, nel nuovo e nel recupero, compresa l’esperienza di Venezia, una città inaccessibile per morfologia che ha saputo modificarsi per diventare più accogliente, ma anche qualche esempio più critico, come le stramp, soluzione di scala-rampa, molto fotogenica ma non sempre realmente inclusiva, che può diventare persino pericolosa quando non attentamente progettata.
E molte, molte, molte letture: dalla manualistica, sempre utile per muovere i primi passi, al punto di vista degli attivisti, che oggi rappresentano una voce importante per conoscere il mondo dell’inclusione da angolazioni non solo architettoniche, ai convegni dedicati (come gli atti del Convegno Specie di Spazi, tenuto a Firenze nel 2023), ai progetti specifici (ad esempio il parco Schuster a Roma).
Perché oggi progettare in modo inclusivo non significa solo non costruire nuove barriere, ma garantire spazi e luoghi belli e accoglienti in cui ogni persona, secondo le proprie capacità, possa muoversi autonomamente e in modo dignitoso. Un obiettivo che gli studenti fanno proprio con convinzione, e che ritorna pienamente nella loro attività professionale.
Immagine di copertina: PEBA Venezia (dal sito web)
In altre parole. Dizionario minimo di diversità, di Fabrizio Acanfora, Effequ, Firenze, 2021
Barriere architettoniche. Guida al progetto di accessibilità e sicurezza dell’ambiente costruito, di Michele Di Sivo, Elisabetta Schiavone, Massimo Tambasco, Alinea, Firenze, 2005.
Atlante dell’accessibilità urbana a Venezia, di Valeria Tatano, Anteferma, Conegliano, 2018

Dottoressa di ricerca e professoressa di Tecnologia dell’architettura all’Università Iuav di Venezia, dove è delegata del Rettore per le politiche e le azioni per l’inclusione, la disabilità e la sostenibilità.
È socia del CERPA, Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità, e si occupa di progettazione inclusiva nel nuovo e nell’antico, oltre che di tecnologie sostenibili. Tra i suoi libri recenti si segnalano: I tavoli Scarpa per Iuav, Anteferma, Conegliano, 2021 e L’architettura negli angoli, Anteferma, Conegliano, 2023.