Russia (©Elena Franco)

Station “Russia”

Il Freespace esplorato attraverso la ferrovia e il susseguirsi di cinque stazioni

 

La Russia esplora il tema Freespace sulla base di una riflessione del curatore Semyon Mikhailovsky, che vede lo sterminato territorio esteso su dodici fusi orari come la naturale dimensione del paese. Per conoscere, capire, percorrere questo spazio lo strumento è la ferrovia e il padiglione si concentra sul passato, sul presente e sul futuro del sistema infrastrutturale russo, quasi un apparato nervoso e circolatorio di un corpo immenso.

Il terminus a quo, la felice coincidenza, è rappresentato dal grande Alexey Shchusev, architetto del padiglione della Biennale – il primo costruito da un paese estero in laguna – nonché della stazione Kazansky di Mosca, il terminale della prima linea a connettere la capitale con Ryazan, nel sud est del paese e da lì al Kazakhstan e all’Asia centrale. Così si susseguono le cinque “stazioni” nelle quali è suddivisa la narrazione. Partendo dal piano superiore, la prima delinea la geografia, la conformazione e i limiti dello spazio aperto del territorio russo. La seconda presenta l’architettura delle stazioni, del passato e del presente (la rinnovata stazione di Studio 44, architetto Nikita Yavein e il progetto per la linea ad alta velocità per connetere Mosca a Kazan di Metrogiprotrans, architetto Nikolai Shumakov), mentre la terza guarda al futuro inquadrando il problema degli spazi accessori di una grande stazione a Mosca e lanciando le proposte di giovani architetti (Citizenstudio: M. Beilin, D. Nikishin. Studio 911: V. Krylov, A. Churzin, I. Assorov). La quarta, scesi al piano terra, rappresenta la memoria che, racchiusa in armadietti rétro, riappare assieme a deliziosi memorabilia sovietici. Si finisce con la quinta, nella quale si propone un’escursione virtuale sui 9.300 km della transiberiana.

I materiali sono ricchi, i progetti ben illustrati, il piano di sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture connesse, linee e stazioni, impressionante: ma le metafore espositive sono stanche e un poco grevi, come quelle a piano terra degli sportelli e, soprattutto, quella del finestrino che vorrebbe scorrere, come quello di un treno, su paesi, paesaggi e distese di terra infinite, ma che in verità sembra solo un televisore un po’ grande.

Lo spazio oggetto della presentazione del padiglione russo è una vastità libera del quale si ha la cognizione, ma mai la sensazione, non riuscendo l’allestimento scelto a trasmettere la vastità del paese attraversato dalle linee ferroviarie più lunghe al mondo.

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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