Arabia Saudita
Alla sua prima partecipazione, il paese, curato da due donne, indaga gli spazi che stanno in mezzo alla densità
L’installazione più del programma. L’Arabia Saudita esordisce alla Biennale Architettura costruendo 5 grandi spazi (“Spaces in Between”, che danno anche il titolo alla presenza) al piano terra di uno degli edifici delle Sale d’Armi.
Stereometria dei luoghi e muri in mattone a vista vengono interferiti e travolti dagli andamenti circolari e sinuosi realizzati dalle alte partizioni verticali. Si tratta di pareti formate da pannelli in resina mescolata con sabbia del deserto, a conferire un’immagine ruvida, dinamica e cangiante. La stessa resina, prodotta da una ditta bresciana, ricopre tutti i pavimenti. L’effetto, forse un po’ eccessivo e ridondante in alcuni dettagli, ha sicuramente il merito di trasportare il visitatore in una dimensione diversa e lontana.
Il programma espositivo è frutto di una complessa gerarchia: il padiglione è organizzato da una Fondazione culturale, il Misk Art Institute, e ha 2 curatrici donne, Sumaya Al-Solaiman e Jawaher Al-Sudairy, in collaborazione con 2 architetti, i fratelli Gazzaz – arranca un po’ e probabilmente accumula troppi argomenti. Nelle 5 isole si passa da eleganti video con schemi grafici che illustrano la crescita esponenziale di alcune città a riprese di luoghi urbani e di strade saudite prodotte con smartphone (è uno dei paesi con la più alta diffusione di social network). Fino ad arrivare ad un vasto luogo circolare, che rappresenta il tipico salotto di un’abitazione. In pochi passi, gli Spaces in Between attraversano tutte le scale lasciando una sensazione di leggere e ovattato spaesamento.
Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale