Giovani architetti nel paese che invecchia (più di tutti)

Giovani architetti nel paese che invecchia (più di tutti)

All’Accademia di Mendrisio una mostra dedicata ai fragili, piccoli e sensibili progetti delle nuove generazioni di professionisti nipponici

 

Published 9 aprile 2025 – © riproduzione riservata

MENDRISIO (SVIZZERA). Un grande pannello bianco con linee e segni neri. L’elegante, e minimale, grafica dell’Accademia accoglie i visitatori nel Teatro dell’architettura (disegnato da Mario Botta, presente in sala alla presentazione) descrivendo le parabole, estreme, che danno al Giappone la (probabilmente poco gradita) palma di paese più vecchio al mondo. 

Con bassi tassi di natalità e una percentuale crescente di edifici e abitazioni vuote. “Cosa può fare l’architettura in questo contesto, con città e infrastrutture troppo grandi rispetto alla popolazione?”.

 

Trentenni e quarantenni, cresciuti dopo il terremoto del 2011

A chiederselo è Yuma Shinohara, giovane anche lui, laureato in lettere comparate a New York. A Basilea, dove vive, si interessa di architettura del suo paese d’origine. E, nel 2022, ha deciso di portare alla ribalta le nuove generazioni di progettisti. Con una mostra, che poi ha viaggiato a Tallin. E che oggi arriva a Mendrisio, con alcune integrazioni e aggiornamenti. 

Make Do with Now è un punto di vista sul Giappone, certo. Ma più in generale sull’architettura contemporanea. “Utile per noi e per i nostri studenti – spiega Marco Della Torre, coordinatore di direzione e responsabile mostre all’Accademia – perché parla di giovani, ai giovani”. 

L’esposizione vuole essere, attraverso i progetti, un racconto degli approcci di una generazione di architetti che ha iniziato a progettare dopo il 2011. Il grande terremoto, con il disastro nucleare di Fukushima, è stato un punto di rottura, culturale prima di tutto. Ha imposto una logica che lavora sulle fragilità, spesso nelle periferie, che non ha paura né dell’imperfezione né del compromesso. 

Che si adatta all’esistente, dimenticando perfino il concetto di nuova costruzione. Marginalità che diventa forza, limite che diventa occasione. 

 

Piccolo è bello

“Una mostra in linea con il mondo che cambia”, spiega Walter Angonese, direttore dell’Accademia, all’ultima “sua” esposizione. Da settembre lascerà il posto ad un altro architetto e docente italiano (almeno di nascita), Riccardo Blumer, già direttore dal 2016 al 2021. “Di solito – dice Angonese – curiamo e organizziamo mostre che sono nostre. Come nel caso di quelle dedicate a Corboz o alla formazione. Con questa iniziativa facciamo un’eccezione perché pone un tema fondamentale. Per riportare l’architettura al centro della società dobbiamo occuparci delle piccole cose, dei dettagli, dei materiali. Solo così facciamo vera cultura disciplinare, in coerenza con quella che è sempre stata la missione dell’Accademia, fin dalla sua nascita, nell’idea di Mario Botta e di Aurelio Galfetti”. 

I progetti esposti sono tutti realizzati. E riccamente illustrati attraverso disegni, schizzi e video. Ma soprattutto modelli dalla cui cura artigianale emerge esattamente lo spirito della trasformazione dell’esistente, della modifica puntuale, dell’inserto o della sottrazione. “Oggi – scrive il curatore -, la nuova frontiera dell’architettura giapponese non è più la mitica tabula rasa del sara-chi (terreno vuoto), ma la grande quantità di edifici sotto-utilizzati o in disuso ereditati dalle generazioni precedenti”.

La nuova progettualità nipponica sta soprattutto lì, nella modificazione del patrimonio.

 

20+5, tutti gli studi in mostra

La grande sala al piano terra del Teatro dell’architettura è un grande tavolo, fatto di cavalletti in legno. Serve girarci intorno per godere di un percorso allestito dinamicamente, composto da 20 diversi progetti.

Tutti iniziati o portati a termine negli ultimi 5 anni: diversi, stimolanti, molto intellettuali, fondati sull’attenzione al particolare. 

La selezione diventa un inventario della produzione architettonica contemporanea in Giappone. Con gli architetti (giovani ma non giovanissimi) alla ricerca di nuovi modelli di impegno per dare una risposta adeguata alle sfide che la società obbliga ad affrontare. 

Sono: GROUP, Masaaki Iwamoto / ICADA, Ishimura + Neichi, Norihisa Kawashima / Nori Architects, Chie Konno / t e c o, Lunch! Architects, Murayama + Kato Architecture / mtka, Fuminori Nousaku Architects, Jumpei Nousaku Architects, Shun Takagi / Root A, Rui Itasaka / RUI Architects, Studio GROSS, SSK, Keigo Kawai / TAB, Tsubame Architects, Shigenori Uoya, VUILD, Suzuko Yamada, Maki Yoshimura / MYAO.

Al piano superiore, con affacci sulla grande sala centrale, 5 progetti sono illustrati con maggior dettaglio e autonomia. Appartengono ad altrettanti studi di architettura: Mio Tsuneyama e Fuminori Nousaku, 403architecture [dajiba], CHAr, tomito architecture e dot architects.

Il percorso (che combina efficacemente fotografie, filmati, modelli in grande scala e una serie di video-ritratti) offre diversi livelli di fruizione e di interazione.

Con il minimo comune denominatore di una cultura architettonica, quella giapponese, che sembra ripensare il proprio ruolo, nella società, per la società.

 

“Make Do with Now. Nuovi orientamenti dell’architettura giapponese”
11 aprile – 5 ottobre 2025
Teatro dell’architettura, via Turconi 25, Mendrisio (Svizzera)
Ospitata e promossa da: Accademia di architettura dell’USI
Prodotta da: S AM Swiss Architecture Museum

A cura di: Yuma Shinohara
www.tam.usi.ch

Autore

  • Michele Roda

    Architetto e giornalista pubblicista. Nato nel 1978, vive e lavora tra Como e Milano (dove svolge attività didattica e di ricerca al Politecnico). Dal 2025 è direttore de ilgiornaledellarchitettura.com

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