Danimarca (©Elena Franco)

Danimarca

Possible Spaces: quattro progetti (+1) per proposte di sviluppo sostenibile

 

Nuove pratiche per aree già edificate e innovazione per lo sviluppo sostenibile sono le parole chiave di un padiglione danese che racconta attraverso quattro progetti selezionati da Natalie Mossin altrettante proposte di sviluppo sostenibile.

In comune hanno la pluridisciplinarità: sono progetti che vedono la collaborazione di diversi settori e professioni a tutti i livelli della società perché i “Possible Spaces” evocati nel titolo si riferiscono a quegli spazi che si sviluppano quando si realizzano inedite soluzioni a più mani, che vedono nuovi metodi digitali e pluridisciplinari di design e costruzione, una nuova mobilità (anche fin troppo visionaria, forse, quella delle capsule dei BIG con Virgin Hyperloop One), e che si preoccupano di ricostruire l’identità e la memoria di luoghi perduti (la riedificazione del Bade hotel distrutto da un incendio) e rendendo sostenibile il patrimonio esistente (edilizia sociale). Sostenibilità e innovazione richiedono nuove soluzioni architettoniche; e dall’esposizione emerge come non sia un compito solo imputabile all’architetto. I nordici, che sono bravi a fare squadra, ci esortano a lavorare insieme e trasversalmente alle varie discipline, istituzioni e persone.

È però un quinto progetto di architettura – concretamente realizzata in questo caso – a dare forma e sostanza al tema di questa Biennale. Il Freespace per i danesi è un edificio realizzato a Copenaghen: il BLOX, centro multifunzionale progettato dallo studio OMA. Affacciato sul porto storico della capitale, l’edificio si divide internamente tra appartamenti, uffici, caffetterie, una libreria, una palestra, spazi di co-working e il DAC (Danish Architecture Center), ma si caratterizza anche per diversificati spazi urbani all’aperto, dove anche la scalinata che porta all’ingresso diventa luogo informale di sosta e relazioni sociali.

I danesi forse si autocelebrano eccessivamente quando lo descrivono come “molto più di un semplice edificio”, che pare incarnare alla perfezione il tema del “Freespace”. Come in altri padiglioni nazionali, le scalinate, i gradoni, le cavee bastano ad incarnare i Freespaces della città? O forse il nostro futuro è quello che immaginano i BIG: trasportati in mega condotti a 11.000 km/h per la superficie del globo.

 

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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