Ri_visitati. L’architettura perenne delle Fosse Ardeatine

Ri_visitati. L’architettura perenne delle Fosse Ardeatine

Il Mausoleo, inaugurato nel 1949, è simbolo di memoria, laicità e architettura resistente nel tempo

 

ROMA. Il 22 marzo 2024 è stato celebrato l’ottantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, uno degli eventi più sanguinosi della storia di Roma e d’Italia, nella Seconda guerra mondiale. 

Il Mausoleo di via Ardeatina 174 è un luogo senza tempo dove convivono il massacro, l’emotività presente e la memoria futura. A 80 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, il progetto di Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino e Giuseppe Perugini è oggi un’architettura perenne: uno spazio sacro della laicità in cui i martiri di confessioni diverse riposano fianco a fianco.

 

Un eccidio del passato

335 uomini è il numero definitivo della rappresaglia nazista del 24 marzo 1944, 5 in più rispetto al calcolo dei 10 italiani per ogni tedesco ucciso a via Rasella dai GAP (Gruppi di Azione Patriottica). 

La vendetta per i kameraden è immediata. Entro 24 ore dall’attacco dei partigiani, il colonnello delle SS Herbert Kappler organizza l’esecuzione che inizia alle ore 15.30. Il luogo prescelto è la cava di arenaria in via Ardeatina tra le catacombe di Domitilla e di San Callisto. Terminati gli spari, una montagna di uomini di ogni età e ceto sociale giace al suolo. La dinamite conclude l’opera delle SS ricoprendo di detriti il massacro. 

Le salme dilaniate non trovarono pace fino alla Liberazione di Roma dai nazi-fascisti; le vittime furono dunque inumate dalla fossa comune, identificate e riposte in 335 bare. Dal 4 giugno 1944 la cava divenne un luogo di pellegrinaggio della capitale e la domenica si contavano fino a 7.000 persone per contemplare il luogo del martirio. 

Nell’autunno del ’44 una delegazione dei parenti delle vittime, costituita nella prima associazione dei caduti dell’eccidio, si recò dal Presidente del Consiglio (Ivanoe Bonomi) suggerendo di bandire una competizione per realizzare un monumento ai martiri. 

Il 15 gennaio 1945 il Consiglio comunale di Roma approvò il bando del primo concorso di architettura dell’Italia liberata.

L’iter della gara pubblica fu molto complesso, l’emotività delle associazioni delle vittime influì sull’esito finale del concorso in due gradi la cui gestione passò dal Comune al Ministero dell’Assistenza Post-Bellica, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e infine al Ministero dei Lavori Pubblici. 

Quattro furono le proposte premiate al primo grado mentre al secondo i progetti vincitori ex-aequo furono due: RISORGERE di Mario Fiorentino, Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli con lo scultore Francesco Coccia, e U.G.A. di Giuseppe Perugini con lo scultore Mirko Basaldella (associato a Perugini solo per il secondo grado).

L’esito concorsuale del 2 settembre 1946 sfociò in un acceso dibattito tra le associazioni delle vittime e la pubblica amministrazione, la quale firmò con i 2 gruppi vincitori la convenzione di un progetto definitivo congiunto solo nel gennaio del 1948. 

Il Mausoleo doveva essere inaugurato al quinquennale dell’eccidio e così fu. Il 24 marzo 1949 il monumento delle Fosse Ardeatine apriva al pubblico, il progetto era stato ultimato nei tempi ad eccezione del cancello di Mirko Basaldella e del gruppo scultoreo di Francesco Coccia (Le tre età) posizionati nel 1951.

 

Un’architettura presente

Il Mausoleo di oggi si presenta come allora; solo la patina del tempo si è aggiunta all’opera costruita. 

Percorrendo via Ardeatina uno slargo annuncia l’ingresso al monumento: qui il recinto in pietra sperone si piega dal confine stradale invitando ad accedere nel luogo del martirio. Il groviglio in ferro della cancellata di Basaldella costituisce la soglia tra il mondo reale e il piazzale interno dove inizia l’itinerario mistico verso le gallerie del massacro. 

Dalla luce del piazzale, passando per il buio dei corridoi scavati nella roccia (a eccezione dei due punti in cui lo sguardo riconquista il cielo), il percorso narrativo si conclude nella penombra del sacrario. Qui i martiri dell’eccidio riposano al di sotto del monolite in cemento armato (di 48,5 per 25,65 metri) che galleggia su 6 appoggi affioranti dal suolo. Il terreno modellato dai progettisti, oltre a essere materia di sostruzione del manufatto, diviene nel Mausoleo elemento conformativo dello spazio interno ed esterno. 

Il progetto delle Fosse Ardeatine è un’opera topografica di grande attualità che cerca di ridurre l’artificio disegnato immaginando l’architettura stessa come un paesaggio. 

Ma il Mausoleo di via Ardeatina non è solo questo, è un progetto fenomenologico in cui l’espressività materica diviene il medium dello spazio, approccio assimilabile a molte pratiche contemporanee descritte da Lucan nel suo Précision sur un état présent de l’architecture.

Un’opera per il futuro

A 76 anni dalla sua inaugurazione il Mausoleo delle Fosse Ardeatine è arrivato a noi integro e con minimi interventi di pulitura delle superfici (2021 e 2024). 

La qualità architettonica del manufatto ci invita a riflettere oggi sulla realizzazione delle future opere pubbliche attraverso un duplice sguardo: il ruolo dell’architetto come soggetto negoziatore tra cittadinanza-amministrazione e il valore della qualità costruttiva di un manufatto collettivo. 

Sul primo punto è doveroso sottolineare il dialogo tra i progettisti e le associazioni delle vittime, un confronto che consentì lo sblocco della stesura definitiva del progetto (dialogo raccontato dalla rivista Metron n.18). 

Sul secondo tema è sufficiente citare l’esecuzione dei getti in calcestruzzo del monolite senza reimpiego delle casseforme con il conseguente aumento dei costi. 

Un sacrificio economico necessario per costruire un’architettura destinata a durare nel tempo, un manufatto simbolo di “una patria migliore e – di una – duratura pace tra i popoli” di cui oggi si sente più che mai la necessità.

Immagine copertina: Il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, Roma, 2025 (© Michele Roda)

Autore

  • Alessandro Brunelli

    Architetto, PhD in Architettura Teorie e Progetto (DiAP - Sapienza Roma) e ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Ferrara. Si è formato tra l'Italia e il Portogallo, è stato professore a contratto di progettazione architettonica presso l'Università di Parma (DIA) e assegnista presso il Dipartimento di Architettura di Roma Tre. Tra i suoi libri, "Intuizioni sulla forma architettonica. Alessandro Anselmi dopo il GRAU" (2019) e "Dez Obras. Arx Portugal Arquitectos" (2020). É fondatore dello studio Brunelli Ann Minciacchi (Roma - Fano).

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