Chiodi a quattro punte

(Libere) riflessioni sul ruolo del design nella Resistenza

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Published 25 aprile 2025 – © riproduzione riservata

Con questo articolo affrontiamo, anche attraverso buone letture, il tema Design e Resistenza, per festeggiare con il nostro stile gli 80 anni dalla Liberazione. 

 

Disegnare per resistere

Nel 2023 e nel 2024 sono state pubblicate due interessanti raccolte, Cultura materiale della Resistenza. Storia della Resistenza Italiana attraverso gli oggetti e i materiali utilizzati dai partigiani, a cura di Francesco Marchetti, e Scarpe rotte eppur bisogna andar. Una storia della Resistenza in 30 oggetti, a cura di Paola Boccalatte e Mirco Carrattieri, che invitano ad una serie di riflessioni alternative sul ruolo che ha avuto il design durante la Resistenza all’interno di quei tre indirizzi d’indagine che Elena Dellapiana, Luciana Gunetti e Dario Scodeller hanno articolato nel 2020 all’interno degli atti del IV Convegno AIS/Design (Associazione Italiana Storici del Design Italia) Design, politica e democrazia nel XX secolo, ovvero: design clandestino, resistenza e coscienza critica; design come progetto politico e formativo; design tra libertà, utopie e politiche culturali.

Emerge, dall’analisi di queste pubblicazioni, uno scenario di interpretazione che può essere sintetizzato in tre linee di pensiero.

La prima riguarda il divario sostanziale tra il design della comunicazione e il design del prodotto, a totale vantaggio del primo in quanto strettamente relazionato alla dimensione politica, di contestazione, di denuncia e di stimolazione della coscienza civica. L’impegno di architetti e designer nella produzione di contenuti, illustrazioni e tecniche di stampa in totale clandestinità, lascia infatti oggi ai posteri centinaia di testimonianze su come la creatività abbia contribuito al processo di liberazione e di logoramento della dittatura. 

La seconda è l’indebolimento del design di prodotto, soprattutto nella seconda parte del ventennio fascista, a causa dei rallentamenti delle mediazioni di mercato e dell’oppressione, diretta e indiretta, che ha quasi sempre portato la cultura del progetto a doversi evolvere negli interessi e sotto il controllo del regime. Tale situazione non ha consentito, sia ai fedelissimi del duce che agli oppositori, di incidere nella realtà e nella vita sociale, se non in qualche slancio utopistico e radicale che si sarebbe poi concretizzato solo nel dopoguerra. 

La terza, ed è quella maggiormente collegata alle opere di Marchetti, Boccalatte e Carrattieri, è il ruolo che il design di prodotto ha svolto nel progetto di liberazione avviato dopo l’8 settembre 1943. In quei due anni che portarono alla Liberazione, il design della Resistenza inteso come approccio progettuale allo sviluppo di soluzioni e dispositivi in grado di sostenere le connessioni tra la rete di antifascisti e le attività paramilitari dei gruppi partigiani, è stato capace di fornire conoscenze tecniche per lo sviluppo di radio e mezzi di comunicazione, uniformi ed equipaggiamenti, distintivi, documenti e segni di riconoscimento, fino “naturalmente” alle armi e ad impensabili dispositivi di sabotaggio. 

 

Oggetti che parlano

Ed è questa la linea di maggiore interesse, che non passa attraverso le storie e le posizioni note di Lionello Venturi, Edoardo Persico, Giuseppe Pagano, Raffaello Giolli, Carlo Ludovico Ragghianti, Franco Berlanda, ma attraverso l’interrogazione di oggetti che sono stati parte della vita di persone che si sono trovate a partecipare a momenti nodali della storia italiana. 

L’oggetto, pensato, progettato e prodotto, anche rudimentalmente quando necessario, come strumento capace di segnare l’esistenza di intere collettività e di spianare la strada ad 80 anni di pace consentendo a noi tutti di poterne parlare e scrivere in questo momento. 

Ecco allora l’importanza emozionale di prodotti come il chiodo a quattro punte, costruito all’interno degli stabilimenti Breda di Sesto San Giovanni da operai antifascisti, costituito da due parti pressoché simmetriche che prese singolarmente non avevano alcun significato ma che accoppiate diventavano strumento di sabotaggio dei mezzi guidati dai nazi-fascisti. 

Design che, come nel caso dei chiodi a quattro punte, solo in alcune situazioni è stato concepito e prodotto nelle fabbriche quasi a rimarcare il connubio imprescindibile per noi contemporanei con la parola “industriale”, ma che invece deve tutta la sua fortuna (e purtroppo anonimato) ad una schiera di donne e uomini creativi di diversa estrazione sociale e culturale e ad “educatori senza cattedre” (come Norberto Bobbio definì Antonio Giuriolo), quali docenti e studenti provenienti da istituti tecnici e scuole di architettura che abbandonarono studi e professioni per sposare la causa partigiana. 

 

Scelte diverse

Nasce qui una grande riflessione, che meriterebbe uno studio dedicato ed estremamente stimolante, su coloro che in piena guerra civile continuarono ad occuparsi dei loro studi e a sostenere esami universitari e coloro che scelsero invece le montagne, il rischio delle torture e la convivenza costante con la paura della morte. 

I primi, magistralmente classificati da Luigi Meneghello come “grandi villeggianti della guerra civile”, scelsero di “avvantaggiarsi nella vita e nella carriera…e non pochi di loro sono oggi energicamente schierati dalla parte degli angeli”. 

Per alimentare questo dibattito basterebbe approfondire, senza condanne o celebrazioni, con spirito critico e lucidità, casi come quelli di Giorgio Labò e di Achille Castiglioni. Praticamente coetanei, classe 1919 il primo e 1918 il secondo, entrambi iscritti alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ed entrambi obbligati ad abbandonare gli studi per arruolarsi nel Genio Minatori (Labò) e come ufficiale di artiglieria in Grecia e Sicilia (Castiglioni), nel 1944 vivranno destini diversi a cause delle loro scelte. 

Labò viene fucilato dopo 18 giorni di tortura per aver partecipato attivamente alla Resistenza (nome di battaglia Lamberto) specializzandosi come sabotatore tra la Valle del Tevere e la capitale. Castiglioni si laurea e decide di dedicarsi quasi esclusivamente alla progettazione di mostre, mobili, oggetti per la casa ed elettrodomestici, anche in considerazione del crollo delle committenze architettoniche durante la guerra. 

Di Labò restano una lettera dettata al cappellano in cui comunica la sua morte al professore Giulio Carlo Argan e onorificenze post-mortem come medaglie d’oro al valor militare, pietre d’inciampo e aule dedicate. Di Castiglioni, che scelse di dedicare quel periodo alla sperimentazione di nuovi materiali e alla preparazione di ciò che sarebbe stata la nuova visione estetica e funzionale del design di prodotto nel dopoguerra, restano centinaia di pubblicazioni, Compassi d’oro e foto celebrative in quel panorama domestico di oggetti sorprendenti che solo lui seppe creare. 

Sta qui la differenza tra chi scelse di resistere e chi, semplicemente, decise di non esporsi beneficiando negli anni futuri del sacrificio di molti. 

Immagine copertina: chiodo a quattro punte costruito dagli operai degli stabilimenti Breda di Sesto San Giovanni (https://fondazioneisec.it/newsletter/numero-7-aprile-2025-attorno-al-25-aprile/oggetti-resistenti-la-liberazione-attraverso-il-racconto-degli-oggetti)

Autore

  • Ubaldo Spina

    Ricercatore e industrial designer del CETMA, si occupa di design management, business development e processi di sviluppo prodotto. Mentore del progetto WORTH, il più grande incubatore europeo finanziato all’interno del programma COSME per la creazione e il supporto di collaborazioni transnazionali tra designer, PMI e technology provider che desiderano sviluppare prodotti innovativi e di design nei settori moda, tessile, calzaturiero, arredamento d’interni, pelle, gioielleria e accessori. Il suo gruppo di lavoro ha ricevuto diversi riconoscimenti e segnalazioni ADI Design Index, nel 2011 e nel 2016 le Menzioni d’Onore al Compasso d’Oro. Diverse le esperienze internazionali nei principali programmi di scambio studentesco e lavorativo, Erasmus, Grundtvig, Relate, EID e i progetti svolti all’interno dei programmi comunitari Interreg, IPA, Framework Programmes RTD. Svolge attività di docenza e gestione di laboratori all’interno della BS de “Il Sole 24 Ore”. Coordina la sezione Design de Il Giornale dell’Architettura.com e le rubriche SOS Design (Design per l’emergenza) e Professione Designer

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