Svizzera
“240: House Tour”
Le dimensioni, si sa, contano. Eccome. La Svizzera ne fa una questione di principio e mette in mostra, nel suo Padiglione dei Giardini, un percorso di sensazioni che ti trasformano, in pochi passi, ora in un lillipuziano ora in un gigante.
Un’esperienza oggettivamente coinvolgente, quasi come fosse uno di quei trenini dei luna-park. Qui non ci sono mostri finti e nemmeno gallerie buie. Tutto il contrario: l’interno (che ricostruisce uno spazio residenziale puro e non arredato) è luminosissimo ed etereo. Parquet chiaro sul pavimento, muri e soffitti bianchissimi, così come gli allestimenti delle cucine e i frutti dell’impianto elettrico. E bianchissimi, con maniglie cromate, sono anche i serramenti. Una tabula rasa della percezione architettonica, un freespace liberato da orpelli ed ostacoli.
A sorreggere questo divertissement c’è in realtà un organico e ampio progetto curato da Alessandro Bosshard, Li Tavor, Matthew van der Ploeg and Ani Vihervaara. Il suo titolo – “240: House Tour” – condensa i due elementi emergenti. 240 (centimetri) è l’altezza minima degli spazi interni, secondo i regolamenti elvetici. Questa convenzione viene sottoposta nel Padiglione ad un processo di distruzione creativa: i salti di scala creano disorientamenti ma anche relazioni affascinanti tra gli spazi, aprendo a possibili interessanti sperimentazioni compositive. Il tema del viaggio invece deriva da una ricerca sul modo di rappresentare le nuove abitazioni e di visitarle da parte di potenziali acquirenti: il corto-circuito tra contenitore e contenuto porta appunto a depurare gli interni residenziali e a presentarli, fotograficamente, in uno stato di purezza senza arredo che mai potranno veramente avere. E che di fatto disorienta e sbilancia la stessa percezione spaziale.
Dai trenini dell’orrore del luna-park si scende spaventati, almeno così dovrebbe essere. Da questo tour elvetico si esce divertiti ma anche con la sensazione che il progetto della casa è qualcosa di terribilmente più serio di una serie di fotografie su una brochure di un’agenzia commerciale. E che anche la nostra società dell’immagine dovrebbe prenderne atto.
Come ormai tradizione, in occasione della Biennale, la Fondazione Pro Helvetia (che cura la presenza svizzera) organizza “Salon Suisse”, un ciclo di incontri e conferenze a Palazzo Trevisan degli Ulivi. Quest’anno il tema è “En marge de l’architecture: Encounters beyond the discipline”. Consulta il programma
Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale